AI CONFINI | 1-22 dicembre 2023 | Area Zero Uno
Quasi sempre nell’opera di un bravo pittore il tema dipinto è solo un pretesto per approfondire la conoscenza della pittura stessa, che è molto più ampia e complessa di qualunque contenuto rappresentato. Tuttavia esistono alcuni casi nella storia dell’arte in cui l’artista riesce a “incontrare” un soggetto che lo aiuta nella navigazione attraverso un linguaggio sterminato e insidioso. Questo è il caso di Luca Guenzi (Bologna, 1959) il quale, attraverso questa poderosa serie di opere, da un lato approfondisce la sua ossessione per la pittura dipinta, dall’altro riesce a elaborare una tematica a mio avviso di grande importanza: la lotta per rimanere vivi.
I mari che dipinge risentono quasi tutti di un’atmosfera di imminente pericolo, forze terribili e distruttive in procinto di scatenarsi vengono rese presenti con una rara sensibilità pittorica maturata in decenni di attività libera e indipendente. Luca stesso, per chi lo conosce bene, è una sorta di capitano di vascello abituato e pronto ad affrontare qualunque tempesta che la vita può manifestare. La sua personalità ricorda tantissimo il capitano Tom MacWhirr nel racconto “Tifone” di Joseph Conrad, anzi queste scene sembrano direttamente tratte dalla novella di Conrad, dove vengono mostrate le diverse reazioni dei marinai davanti all’infuriare del caos. Il capitano grazie alla sua capacità di rimanere saldo senza tuttavia apparire forte, coraggioso senza alcuna arroganza, riesce a superare la forza distruttiva e a portare la nave in porto, così come Guenzi in queste pitture che sono una sorta di bottino frutto di una grande tempesta che egli ha attraversato vittorioso.
Il linguaggio pittorico è virtuoso senza essere accademico, la pennellata è vibrante senza essere barocca, nel complesso l’opera è risolta con un senso dell’equilibrio, sia nella composizione che nel colore, degno di un maestro, che con poco fa molto. E questo appare ancora più straordinario sapendo che Luca è un autodidatta, di fatto non ha frequentato nessuna accademia o scuola di pittura per apprendere i segreti del mestiere che, con così tanta disinvoltura, pratica.
Quando il pubblico vedrà tutte queste tele, una di fianco all’altra, sentirà alzarsi un vento fortissimo, oscurarsi il cielo, proverà un fremito di paura e avrà forse l’impressione che l’artista abbia raccontato con la sua arte la vita tempestosa di tutti noi e questo, come capita raramente, rende universale un’opera.
“Passo il mio tempo libero facendo ricerca, mi concentro sull’utilizzo di materiali innovativi, sulla combinazione tra tecniche fotografiche e pittura tradizionale o su percorsi sperimentali pervasi di tradizione pittorica. Dipingo quadri o pareti per il puro piacere, di fare con la mano quello che il cuore mi detta. Creo diorami cercando il materiale più idoneo per realizzare, miniaturizzato, ciò che immagino“.
Le vetrine sono una serie di opere iperrealiste di piccolo formato dipinte su tavola. Esterno e interno che si sovrappongono in una sorta di illusione dove la vita vissuta in strada si mescola con quella dei consumi. Le opere sono state esposte in una mostra personale nel 2005 alla Nt Gallery di Bologna.
Nel 2009, con Silla Guerrini, abbiamo dato vita agli inUTILI: movimento d’arte e di pensiero. Un interessante esperienza sociale, durata 5 anni, di condivisione in ambito artistico.
Dominare l’acqua non è facile, è come cavalcare un Appaloosa, il cavallo selvaggio indiano d’America che mantiene il suo carattere anche quando decide che gli starai in groppa. Si instaura così con l’animale un rispetto reciproco. Con l’acquerello accade qualcosa di simile.
Poi c’è Celeste, una storia che esce dalla mia fantasia. Si tratta di una favola che immagino svolgersi tra le aride scogliere dell’Irlanda e la fertile Toscana, dove c’è un gazebo con un candelabro decisamente particolare, una piccola macchina blu, delle curiose scatole di latta e nel mare alghe un po’ eccezionali.
Un racconto che si esplica attraverso dipinti, disegni e diorami al quale sto lavorando.